Il territorio come strumento pedagogico
di Rossella Nicolò
“Alla fine conserveremo solo ciò che amiamo. Ameremo solo ciò che capiamo. Capiremo solo ciò che ci viene insegnato” ( Baba Dioum , poeta senegalese )
Un senso di “non appartenenza” al territorio si percepisce soprattutto quando gli individui non instaurano un saldo legame con il luogo in cui vivono e, per tale motivo, sviluppano un sentimento di estraneità in relazione a quest’ultimo. Le nuove tecnologie con cui i nostri adolescenti fanno esperienza del mondo, si configurano come strumenti che propongono conoscenze indirette, mediate, circoscritte al mondo virtuale, così affascinante e caleidoscopico ma incapace di captare gli strati profondi della storia, le emozioni e il lavoro degli uomini che hanno contribuito a scriverla.
Nel momento in cui, come dichiarava Dewey, le esperienze primarie vengono sostituite da quelle secondarie in modo eccessivo e spropositato, il rischio che si presenta è quello della spersonalizzazione della vita umana. Di conseguenza, poiché l’abilità di conoscere per via diretta il territorio nel quale si vive si sta perdendo progressivamente, anche il “senso del luogo” ossia la sensazione di “appartenere” ad un determinato ambiente inteso come summa della sua storia, appare sempre più difficile da sviluppare negli adolescenti. Di qui l’urgenza di un investimento in chiave educativa, allo scopo di incentivare e promuovere la formazione di nuove comunità consapevoli dei legami che intercorrono tra storia, cultura e ambiente. Gli orientamenti sia nazionali che europei chiedono infatti alle agenzie educative di guidare il cambiamento della società e della cultura in questa direzione.
Il progetto IRNA CITTA’ OSPITALE ha assunto la configurazione di pratica di cittadinanza attiva e di responsabilità condivisa con vari attori del sistema educativo per la conoscenza, la tutela e la salvaguardia di una parte del patrimonio locale; l’azione formativa messa in essere ha prodotto un valore aggiunto, ossia la conduzione di un’analisi territoriale che evidenziasse sia le nuove emergenze, sia le modalità con cui il lavoro umano ha contribuito a trasformare l’ambiente oggetto della progettazione. “Spazio vissuto” e “senso di attaccamento al luogo”, oltre ad essere dei concetti chiave della geografia, formano individui in grado di sentirsi sia costruttori dei territori che abitano, sia responsabili della qualità della vita che in essi si sviluppa. Si può parlare di città ospitale se essa è ospitale prima di tutto con se stessa, pronta ad originare reti di relazioni ed esperienze.
È ciò che è avvenuto in questa ricca e complessa esperienza che ha favorito l’incontro tra persone e il territorio per fornire un supporto ai processi di apprendimento nelle scuole ma anche per proporre l’interpretazione della pratica turistica come momento di apprendimento grazie al suo potenziale educativo.
Il turismo, infatti, se orientato alla sostenibilità, se è attivo e responsabile, può contribuire alla costruzione di una coscienza collettiva in linea con le nuove sfide dell’educazione. Come nelle intenzioni progettuali iniziali, si è affermata l’esistenza di una città non invisibile, come quelle immaginarie del bellissimo libro di Italo Calvino, per riprendere la citazione di G. Cavallo, ma articolata in percorsi pronti ad offrire alle giovani generazioni racconti ed esperienze, pratiche riflessive e di interiorizzazione dei processi di apprendimento laboratoriali. Il laboratorio è infatti anche un luogo fisico dove si privilegia l’aspetto euristico; è “un’officina di metodo”, dove si ricercano e ritrovano le motivazioni depauperate dai media.

Creare un’educazione attenta alla territorialità, al rapporto tra luoghi e tracce di comunità preesistenti significa ri-costruire delle conoscenze attraverso la ricerca-azione intorno ai fatti culturali (F. Frabboni), valorizzare l’inseparabilità tra riflessione, linguaggio e azione. Bisogna contrastare il pericolo di disegnare un presente svuotato dei propri riti, pronto a dimenticare le periferie senza storia o una storia non ancora adeguatamente riconosciuta e valorizzata. La nuova prospettiva di senso dovrebbe esaltare la più autentica vocazione della città, dei luoghi da cui ripartire per costruire un tessuto sociale in cui si riconoscano e crescano le generazioni future.
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